Un giorno andai a casa di Boris e vidi appese al muro della sua camera alcune medaglie di partecipazioni a maratone.
Le guardai ammirato e come un bambino che tende la mano verso qualcosa che luccica, mi dicevo “Anch’io voglio una medaglia della maratona”.
Anche perché, dietro ad una maratona, credevo ci fosse un mondo di significati e insegnamenti che solo correndola, e preparandola, avrei potuto sentire.
Mi piaceva pensare che correndo una maratona, il mio spirito potesse essere molto sollevato… questo mi aiutava tantissimo e mi faceva stare bene.
Infine volevo correrla anche per orgoglio e per poter essere fiero di un’ esperienza così intensa.

Quando partecipai come ‘helper’ alla maratona di Firenze mentre Boris correva, una delle tantissime immagini che mi era piaciuta di più era stato vedere la partecipazione delle persone; vedere i bambini che tendevano la mano per battere il cinque... anch’io volevo vivere queste cose.
Anch’io volevo essere un Maratoneta. Anch’io volevo un 'cinque’ dai bambini.

Dopo tre mesi di preparazione, finalmente il giorno arrivò!








DOMENICA 6 MARZO 2005, PIACENZA.

Siamo partiti da Milano domenica mattina presto con la nebbia fittissima... a 20 minuti da Piacenza, la nebbia fu squarciata dai raggi del sole. La giornata era bellissima.
Parcheggio, ritiro pacco-gara e pettorina, numero 556, la mia prima maratona, tutto era veloce, cambiarsi, fa caldo o fa freddo? Quanto bisogna coprirsi? Allacciarsi le scarpe (troppo strette o troppo larghe?) WOW, ci siamo quasi! Corsetta per arrivare alla partenza, mancano pochi minuti, la mia prima maratona...

Corridori presenti: 800-900.
Boris ed io per la maratona.
Sparo di partenza: ore 9.30.
BANG! Si parte!

Ero carico, anche troppo forse, sentivo l’adrenalina che mi scorreva, e che mi spingeva a correre più veloce di quello che stavo facendo. Quello che mi tratteneva erano le parole che mi tornavano alla mente di Marco, Giovanni, Teo ed altri amici (grazie ragazzi le vostre parole mi hanno aiutato veramente!) di non partire a razzo, di conservare le energie in vista del trentesimo chilometro (“trentesimo chilometro finalmente ti conoscerò, dopo tutto questo parlare...” pensavo tra me e me).

I miei obiettivi erano: completare la maratona, non fermarmi mai e possibilmente finire sotto le 4 ore.

Mi ero portato una sorta di segnalibro che mi indicava i tempi che avrei dovuto tenere ad ogni chilometro per tagliare il traguardo esattamente dopo 4 ore. Orologio al polso, potevo controllare la mia andatura.

Ad una mia richiesta di qualche consiglio da darmi per la mia prima maratona, Franco Bossi, Presidente della Sri Chinmoy Marathon Team Italia, mi disse:
“Corrila... corrila...”. Rimasi un po’ perplesso per queste sue parole.
Lo ringraziai ugualmente. Ma in realtà non l’avevo lasciato finire di parlare. Continuò così: “Non pensare al tempo, non ti fissare, corrila con gioia, è la tua prima maratona, corrila con gioia! Poi per i tempi ci penserai in altre occasioni. Goditela!”

E non guardai l’orologio.
Dopo i primi 4 chilometri diedi, però, una sbirciatina per capire come stavo andando. Con tutte quelle persone e tutta quella adrenalina che avevo, non riuscivo a capire niente. Mi sembrava che stessi correndo troppo piano.
Sorprendentemente vidi che ero 2-3 minuti sotto il tempo per concludere la maratona in 4 ore.
“Bene! Sembra facile”.

Persi di vista Boris. Ognuno aveva il suo ritmo. Ci saremmo rivisti al traguardo.

I primi venti chilometri sono stati gioia pura. Avevo il sorriso stampato sul viso, ero contento, pensavo che finalmente ero lì, che dopo tre mesi di preparazione ce l’avevo fatta, avevo tenuto duro, nonostante il freddo invernale e qualche calo di entusiasmo, ero lì a correre. Mai arrendersi! Quante volte, durante la preparazione, ho ripetuto questo motto e quanta determinazione esso mi ha dato!

Mi vennero in mente le parole che una volta ho sentito da Giovanni: “Quando corri la testa è dritta, leggera, sorretta dalle nuvole...”

Uscimmo da Piacenza e ci trovammo a correre in piena campagna, con i campi ancora innevati, il sole alto. Il gruppo si sfilacciava sempre di più.
All’undicesimo chilometro incontrai una deviazione: dritto per la maratona, a destra per la mezza.

Il gruppo di cui facevo parte svoltò a destra, rimasi da solo con un’altra persona che dopo qualche istante mi chiese: “E' giusto per di qui per la maratona?”.
Sì…

A parte qualche paesino si corse parecchio per la campagna piacentina.

Salutai una bambina con la mano, le dissi ciao, e lei mi rispose con un sorriso stupendo…

E così iniziò una carrellata di saluti, ringraziamenti, ‘batti-cinque’: signore, bambini, anziani.
Corsi con a fianco un bambino senegalese che provava a tenere il passo, salutai aprendo le braccia  un signore anziano che era seduto senza una gamba sulla carrozzina davanti a casa sua: lui allargò le braccia e sorrise... che bello.
Salutavo tutti e sentire i loro saluti e gli incitamenti mi riempivano di gioia e nuova energia.

Avevo preso tutti i rifornimenti, avevo preso tutti i sali possibili ed immaginabili... ero in vantaggio di circa cinque minuti sulla tabellina di marcia per arrivare sotto le 4 ore... entusiasmo elevato... ero pronto per affrontare il famigerato...

TRENTESIMO CHILOMETRO.

Lo passai. Ero tranquillo, non ci volli dare troppo peso, pensavo di eluderlo in questo modo. Giocavo a non dargli troppa considerazione, immaginavo che ci sarebbe rimasto male e non mi avrebbe importunato. Non si sarebbe fatto vivo.

31esimo , 32esimo chilometro... vai Edo!

Incominciò a farsi sentire la stanchezza nelle gambe, i dolori, la tensione della schiena, soprattutto le spalle. Incominciavo a chiedermi quanto sarebbe mancato al prossimo spugnaggio, al prossimo rifornimento, quando magari era passato troppo poco tempo. Brutto segno.

“Acc... mi sa che incomincia...”
stava incominciando qualcosa che non potevo neppure immaginare.

Incontrai un contadino che era seduto sul suo bel trattore al bordo della strada, fermo a guardare i corridori passare. Aveva un’espressione strana: a metà tra l’inebetito, lo stupìto e il non capire.
A vederlo, sembrava che fossero atterrati i marziani nella campagna piacentina.

Provai a ripetere qualche bella poesia ispirativa che conosco per dare coraggio alla mia mente.
Una piccola spinta mi arrivò, ma durò poco.
Troppi pensieri e preoccupazioni iniziarono ad affollare la mia mente. Questo complicava terribilmente le cose...
Mi accorsi di non avere più l’entusiasmo né la forza di rispondere agli applausi o ringraziare le persone. A volte lo facevo, ma non era più lo stesso, non ero più lo stesso.
In poche parole, ero cotto.

Guardai l’orologio, stavo perdendo il vantaggio: avevo perso un minuto in pochissimo tempo e ancora mi rimanevano due minuti e mezzo di vantaggio per tagliare i il traguardo sotto le 4 ore.
Mi resi conto che stavo rallentando, i piedi venivano trascinati, mi facevano malissimo le gambe, che erano ormai due pezzi di legno.

“È vero Franco, è meglio godersela, la prima maratona... Ma che ci vuoi fare?” parlavo da solo.
Arrivato al 35° chilometro in vantaggio di tre minuti, come potevo mollare, rallentare proprio in quel momento?
Rallentai, e mi vennero delle fitte all’interno della coscia.
Se mi fossi fermato non sarei sceso sotto le 4 ore. Di questo ero certo.

“Ora mi fermo, ora basta... ma chi te lo fa fare?!?”
“voglio farcela... se non sto sotto le 4 ore non sarà la stessa cosa, non sarò contento”
”accetta anche questo tipo di cose... ricordi? non ci sono successi o fallimenti, solo esperienze...”
“Si, ma voglio scendere sotto...”
“Sto malissimo, non ce la farò mai, manca troppa strada e sono distrutto”.
“Cosa sto facendo?... cosa sto facendo?...

36° chilometro: “Mollo, non ce la faccio più.”
Nel frattempo mi si erano addormentati gli avambracci e le mani.
Era una situazione indescrivibile. Il limite. Forse.
2 minuti di vantaggio...
In caduta libera...

Mi supera una persona...
Decido di aggrapparmi a lui. Lo prendo come punto di riferimento.
Il passo è veloce per me, ma... o faccio così o non ce la farò mai a conquistare il mio obbiettivo.

...39esimo, 40 esimo,41 esimo...

Non mi cambiava nulla sapere che ero all’ultimo chilometro, non riuscivo a rendermene conto, e sentivo che poteva succedere veramente ancora qualsiasi cosa.
Stavo correndo di nuovo in città.
All’ultimo spugnaggio una vigilessa mi sorride, “dai che è finita!”, non è vero, non ci credevo.

QUARANTADUESIMO CHILOMETRO: “Sì! Sento che ce l’ho fatta, forse è fatta!”
Vedo il traguardo, transenne finali lungo i due lati, come avevo visto alla maratona di Firenze!
Sì!!!

È un’occasione troppo ghiotta... mi avvicino ad uno dei lati, dove ci sono le persone che guardano, allungo la mano per cercare le mani delle persone, alcune mi danno la mano e...
tà tà tà tà tà tà, una serie di ‘cinque’ e infine un signore che mi urla:
“dài, che sei sotto le  4 ore!!!”.

Tagliai il traguardo in 3 ore 56 minuti e 47 secondi.

Non mi rendevo conto di niente, non avevo neanche la forza di esultare né di essere felice.
Ero veramente al limite.

Adesso, che è il giorno dopo e che sto scrivendo, provo a rivedermi mentre taglio il traguardo, con la maglietta rossa e blu e i calzoncini neri, stravolto e sofferente!

È stata una delle esperienze più incredibili della mia vita.

Quella sofferenza non la augurerei a nessuno, così pensavo.
Ora auguro a tutti, con tutto il mio cuore, di poter correre almeno una maratona nella propria vita.

Voglio ringraziare veramente Franco e Giovanni che mi hanno ispirato tantissimo con il loro esempio e con le loro parole per loro così naturali, per me così importanti, e Boris, per tutte le gocce di sudore condivise e le chiacchierate fatte insieme.

Finalmente anch’io ho una medaglia in camera!!!

Edo. (da Firenze)