Sri Chinmoy Running Festival (30/04/2016-01/05/2016)
di Pupetta Greco
Ritornare a correre una 24 ore per Paolo Panunzi non è stato un capriccio, ma il desiderio di rivivere le sensazioni e le emozioni già provate un paio di anni prima a Torino.
Questa volta, pensava di non trovare l'effetto sorpresa, cosciente di sapere a cosa andava incontro. Invece le sorprese non sono mancate, sono state un susseguirsi di eventi. L'unica circostanza, che speravamo di poterne fare a meno, è stato il clima inclemente: dopo le prime 7 ore di bel tempo, sono seguite 17 lunghe ore ininterrotte di pioggia incessante...
A parte la pioggia, protagonista indesiderata della gara, Paolo era certo di trovare e di ripetere, era quella “corsa” parallela alla strada, quel viaggio interiore che avrebbe fatto dentro se stesso e che le lunghe distanze permettono di realizzare. Fiducioso che le gambe lo avrebbero portato a vivere, ancora una volta, una sorta di "meditazione" in movimento!
Quando si affrontano le ultra maratone, difficilmente si resta indifferente. Lasciano una traccia sia in chi li effettua, ma anche in chi osserva a bordo strada come me, nel mio ruolo di supporter e di compagna di vita. Sono gare di endurance, nelle quali ci si mette in gioco per testare la propria resistenza fisica, la capacità di sostenere certi ritmi e superare i propri limiti. Si corre con un bagaglio pieno dei propri pensieri a cui dedicarsi in tutta la durata del tempo. Un processo di ascolto interiore delle proprie emozioni, per poi buttare, insieme al sudore e alla fatica, il superfluo che spesso si accumula nella vita quotidiana. Alla fine del percorso, superata la fase di stanchezza ed euforia, resta la percezione di ciò che sia veramente essenziale per se stessi, in rapporto con gli altri.
In queste gare gli altri podisti diventano compagni di viaggio, con i quali si divide le lunghe ore di fatica. Molti sono amici che si ritrovano, felici di rivedersi con un caloroso abbraccio. Per gli altri, si ha tutto il tempo di conoscerli lungo il percorso. Tutti si ritrovano al nastro di partenza, proiettati a vivere la propria gara. Nelle lunghe ore si alternano, come mossi da un elastico invisibile, ora a correre fianco a fianco, ora a superarsi. Nel susseguirsi della corsa, si raccontano, si regalano pezzi del loro vissuto e quando è necessario, spendono parole di incoraggiamento, se vedono l'altro provato dalla stanchezza.
Visto da fuori, si fa fatica a capire questi "personaggi" con la fissa della corsa. Spesso vengano etichettati come dei "matti" che corrono senza una meta. Anch'io mi sono trovata dall'altra parte a non comprendere il perché di tanta fatica e sudore lasciato sulla strada senza una plausibile ragione.
Solo da quando ho seguito mio marito, entrando nel suo mondo, riesco a percepire ciò che lo spinge a ripetere esperienze così estreme. Lui, nelle lunghe distanze, ha trovato la "scarpa" su misura per le sue esigenze. Quel sudore e quella fatica, apparentemente inutili, gli permettono per assurdo ogni volta, di stare meglio, di vivere con più leggerezza la vita, di semplificare i problemi e di sorridere agli eventi che capitano.
Non so se le cose accadano per un destino prestabilito o possano essere influenzate da come vengono affrontate. Non lo saprò con certezza, ma credo, e non sono solo io a crederlo, che pensare in positivo fa bene. A volte, guardandosi indietro, si scopre che l'essere stati positivi, ha finito con l'influenzare la causalità degli eventi, e tra positivo e negativo, preferisco la prima opzione per inclinazione caratteriale. E così, anche questa volta è stato un bene, pensare bene!
Ogni nostro viaggio è vissuto come un regalo che ci concediamo. Nel momento in cui si chiude la porta di casa alle spalle, ci sentiamo come bambini proiettati a conoscere il mondo, con tutta la meraviglia con la quale i piccoli si guardano intorno.
Anche questa volta, lo spirito col quale ci siamo diretti a Milano, ci ha visti con l'immutato entusiasmo e ancora una volta siamo stati premiati con le sorprese che abbiamo trovato. Vissute come veri doni. Viaggiamo metaforicamente con uno zaino vuoto nel quale riempirlo di tutto ciò che di buono troviamo.
Ed ecco il nostro zaino anche stavolta ce lo siamo riportato pieno...con un susseguirsi di incontri a sorpresa.
La giornata è iniziata bene già sul treno, dove abbiamo incontrato una mamma con i suoi tre figli, due dei quali adolescenti, con i quali è stato piacevole proseguire il viaggio. Vedere e ascoltare i giovani è un unguento per il cuore, fa rinascere la speranza a volta assopita dalle notizie catastrofiche che si sentono.
All'arrivo in hotel, siamo stati accolti dalla professionalità e dal sorriso della signora Betty. Poi il ritrovarsi a parlare, a raccontarci durante la colazione, ci ha portati ad entrare in sintonia, come fossimo in un ambiente familiare. Alla partenza, nel momento di lasciare l'albergo, ci siamo salutati con un abbraccio come si fa con un'amica.
Nel pomeriggio, andare in giro per le vie del centro, ci ha condotto nei pressi di una chiesa. Siamo entrati e abbiamo trovato la messa già in corso, decidiamo di accostarci all'altare per prendere il Corpo di Cristo come la cosa più naturale e giusta da fare. Appena fuori, seguiamo il profumo del pane. Senza una ragione precisa, ci siamo trovati a fare conoscenza, con la famiglia dei fornai tramite una "fetta di pane con l'uvetta"! E' stato tutto naturale iniziare a parlare e scoprire che non sempre sia necessario conoscersi da tempo per instaurare un rapporto di affetto e di simpatia. Angelo, uno dei fratelli fornai, venne tre volte, il giorno dopo, ad assistere la gara e ad abbracciare Paolo durante il percorso sulla pista.
Il giorno della gara, fu piacevole ricevere una bella accoglienza da parte degli organizzatori del gruppo: “Sri Chinmoy Marathon Team Italia”. Pochi minuti prima dell'inizio della gara, hanno fatto girare di mano in mano una fiaccola accesa, la stessa che tenne papa Francesco l'anno prima, come simbolo di fratellanza, di concordia, a ricordare ai podisti e ai presenti, che anche la corsa possa essere un'occasione in cui vivere la propria spiritualità da condividere con gli altri.
Nella stessa occasione è stato piacevole ritrovare in un abbraccio, amici lontani, conosciuti in altre occasioni, in altri luoghi. Informarsi cosa avessero fatto, domandare quale gara si è fatta, quale si vorrebbe fare con gli immancabili acciacchi e dolori diffusi in ogni parte del corpo.
E infine ecco giunti alla gara, anch'essa è stata una piacevole sorpresa, a parte la pioggia, l'indesiderata compagna di viaggio. Ogni corridore è stato sostenuto e incoraggiato dai presenti, dagli organizzatori, e dalle piccole folle di curiosi, di amici e parenti che si sono susseguiti nell'arco della giornata. Anche nelle ore notturne, ogni corridore è stato continuamente rifocillato con bevande calde, zuppe e quant'altro non facesse sentire loro il freddo della notte. Un gruppo, facente parte dell'organizzazione ha pensato bene di tener compagnia a tutti quei corpi, madidi di acqua e di stanchezza, con canti e strumenti in barba alla pioggia, creando comunque un clima gioviale e allegro. Alle prime luci del giorno nuovo, nonostante mancassero ancora tutte le ore della mattinata per la conclusione, ognuno di loro sentiva di aver già superato l'obbiettivo prefissato.
Alla fine, nonostante la stanchezza, e le membra doloranti, in prossimità del traguardo finale, si è trovata una rinnovata forza per non mollare in prossimità della fine.
Un nutrito gruppo di persone intanto si era ritrovato sul posto per assistere alla conclusione di quella gara così strana e anomala, per guardare quei corpi zuppi di acqua e di stanchezza alcuni dei quali col viso rigato dalla pioggia misto a pianto... Era finita.
Per un tempo sospeso tra premiazioni, foto, abbracci, docce, Paolo per la prima volta si sentiva i brividi addosso. Non so perché mi venne spontaneo coprirlo con ciò che mi trovai tra le mani e lo abbracciai, coprendolo nel mio abbraccio, con la guancia appoggiata sulla sua testa, come si fa con i bambini per proteggerli dal mondo. Nessuno dei due parlava, le voci che provenivano attutite dall'altra sala, hanno fatto da nenia al nostro stato immobile. Solo quando vennero a offrirci un passaggio per tornare all'albergo, sciolsi Paolo dall'abbraccio, dove aveva trovato calore e ristoro.
Ci svegliammo dopo 12 ore filate di sonno profondo e ristoratore, pensavo di aver vissuto un sogno, invece davanti ai piedi piagati e doloranti di Paolo, solo allora mi resi conto che ero sveglia e che con quei piedi, lui aveva corso dentro il suo sogno portando anche me, perché lo capissi...
Era tempo di tornare alla nostra realtà, sulla via del ritorno avremmo portato lo zaino ormai colmo di tutte le sorprese, le sensazioni, le emozioni vissute in quelle lunghe ore, insieme a due pagnotte di pane con l'uvetta (pan tranvai) e una medaglia al collo sul retro della quale c'era scritto: "L'anima insegna al corpo a non accettare mai nessuna limitazione" (Sri Chinmoy).